Concordato Preventivo Biennale: perché è una vergogna di Stato

di Michele Aquilino
concordato preventivo biennale

L’ultimo (e letale) schiaffo del Governo ai cittadini onesti e responsabili. Ecco funzionamento ed effetti della nuova alleanza tra Fisco ed evasori: il banco della finanza pubblica – già in coma irreversibile – è pronto a saltare. Un delirio che non semplifica nulla e alla fine rischia di aiutare alcuni a discapito di molti.

Una vera e propria rivoluzione copernicana del Fisco italiano, roba che le precompilate e la fatturazione elettronica sono davvero poca cosa al confronto. È così che si annuncia il Concordato Preventivo Biennale, l’ultima ricetta Made in Italy in ambito fiscale concepita per semplificare il rapporto con i contribuenti.

Già, perché in questo caso non parliamo di mere semplificazioni formali (ossia uno snellimento negli adempimenti, che sarebbe molto ben accolto ma che di fatto non c’è, e capiremo perché), bensì di un intervento sostanziale nella determinazione delle imposte da pagare. Il tutto, naturalmente, riguarda le c.d. Partite IVA, ossia lavoratori autonomi e imprese in forma individuale.

Vediamo quali sono le regole principali contenute nel nuovo decreto e, soprattutto, gli effetti concreti per i contribuenti.

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Concordato Preventivo Biennale: quali saranno le nuove regole?

Il punto cardine di questo nuovo meccanismo sta nel fatto che, con valenza biennale, vengano anticipatamente stabiliti dal Fisco gli importi da pagare a titolo di:

  • imposte sui redditi (IRPEF o Regime Forfettario);
  • IRAP;
  • contributi previdenziali (in quanto parametrati al reddito).

Attenzione: quando diciamo che gli importi vengono stabiliti dal Fisco, e non con esso concordati, è proprio perché è l’Agenzia delle Entrate ad elaborare unilateralmente una proposta, che il contribuente non potrà trattare e definire, ma solamente accettare o rifiutare. Un Concordato non concordato.

Come si arriva all’ “accordo” con l’Agenzia delle Entrate?

È previsto che l’Agenzia delle Entrate metta a disposizione del contribuente, entro il 15 marzo di ogni anno (30 aprile solo per il 2024, primo anno di applicazione), degli appositi programmi informatici tramite i quali il contribuente potrà comunicare i dati necessari ad AdE per elaborare la proposta.

I dati richiesti, a pena di decadenza dal diritto di accedere al Concordato Preventivo Biennale, dovranno essere comunicati entro il termine perentorio del decimo giorno precedente il termine di scadenza del versamento a saldo delle imposte dirette. Allo stato attuale, parliamo del 20 giugno, in quanto il saldo delle imposte dirette si versa entro il 30 giugno.

L’Agenzia delle Entrate, successivamente, formula la proposta di Concordato (ossia l’ammontare delle imposte “bloccate” per il biennio successivo) entro 5 giorni dal momento in cui ha ricevuto i dati dal contribuente. Quest’ultimo potrà accettare la proposta ricevuta entro la scadenza del saldo delle imposte sui redditi (30 giugno). Solo per il primo anno, è previsto che la proposta possa essere accettata entro il mese di luglio.

L’incentivo ad aderire: il c.d. regime premiale

Perché il contribuente dovrebbe accettare questa scommessa al buio, in cui rischia di pagare troppo rispetto ad un reddito che nel corso del biennio magari va in calo? Il Governo ha stabilito che i soggetti che accettano la proposta di Concordato Preventivo Biennale godono di agevolazioni in termini di accertamento, e non solo. Ingabbiarsi per 2 anni (a proprio rischio) nel Concordato, infatti, dall’altro lato comporta i seguenti effetti:

  • esclusione dagli accertamenti basati su presunzioni semplici (ma restano, ad esempio, gli accertamenti induttivi: quelli della serie “acquisto beni di lusso anche se dichiaro poco”);
  • esonero dal visto di conformità per compensazioni e rimborsi fino a 50.000 euro per l’IVA e 20.000 euro per le imposte sui redditi;
  • esclusione dalle regole delle società non operative (c.d. società di comodo).

Possono accedere tutti? Le cause di esclusione dal Concordato Preventivo Biennale

Sono previste specifiche cause di esclusione dal Concordato. In particolare, non potranno accedere:

  • coloro i quali non rispettano i termini perentori per trasmissione dei dati e accettazione della proposta (esclusa la possibilità di una remissione in bonis);
  • i soggetti ISA che registrano un punteggio di affidabilità inferiore a 8;
  • i forfettari che hanno iniziato l’attività nel periodo d’imposta precedente a quello cui si riferisce la proposta;
  • coloro che, con riferimento ai 3 periodi d’imposta precedenti:
    • non hanno presentato anche una sola dichiarazione dei redditi;
    • hanno subìto una condanna per uno dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, falso in bilancio, riciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, autoriciclaggio;
  • i soggetti con debiti tributari o contributivi pari o superiori a 5mila euro (accertati con sentenza o atti definitivi) .

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Tutto oro quel che luccica? I motivi per cui il concordato biennale è un bluff

Questa dunque la sintesi delle principali regole di funzionamento del Concordato Preventivo Biennale, un istituto presentato quale baluardo di semplificazione perché facilita la determinazione delle imposte, la garantisce bloccata per due anni e riduce le attività di accertamento dell’Agenzia delle Entrate. Proviamo allora a ragionare insieme su queste promesse e sulla loro verosimiglianza.

OK all’evasione (a patto che non esageri…)

Una prima considerazione di interesse generale riguarda un aspetto a dir poco straordinario del Concordato Preventivo Biennale: non si decade dal Concordato se, a seguito di accertamento, emergono ulteriori ricavi (dunque non comunicati) per una misura fino al 30% di quelli effettivamente riportati in dichiarazione.

Sorvolando, dunque, sull’evidente incentivo a non fatturare dei ricavi (che già di per sé è cosa di non poco conto), si arriva ad una vetta ancora inesplorata: lo Stato legittima ufficialmente l’evasione (mancata fatturazione/dichiarazione) fino ad una misura del 30%. L’importante è che non vai oltre. Fino a quel punto puoi farlo e non ci saranno conseguenze sulle imposte da pagare perché il Concordato rimane valido.

E se la platea dei potenziali beneficiari è grossomodo di 4-5 milioni di contribuenti, sarebbe bello conoscere il parere a riguardo del restante 90% della popolazione italiana.

Scommessa al buio per chi aderisce

Tutto ciò ha un rovescio della medaglia. Se quanto visto al punto precedente (al di là dei discutibili risvolti etici) potrebbe anche far sorridere qualche potenziale beneficiario, c’è un rischio tutt’altro che irrisorio.

A qualcuno, infatti, verrà spontaneo chiedersi: e se alla fine l’importo del Concordato risulta più alto di quello che avrei pagato normalmente, perché la mia attività ha preso un’inaspettata piega negativa? La domanda è assolutamente pertinente, nell’ambito di quella che a tutti gli effetti è una scommessa al buio, una roulette.

A tal proposito, le regole approntate dal Governo prevedono un salvacondotto per il contribuente penalizzato. Ciò che però fa riflettere sono le condizioni previste per accedervi. Sarà possibile “liberarsi” dal concordato solo se il reddito o il volume d’affari si riducono di ben il 60% rispetto a quanto ipotizzato in fase di “accordo” con il Fisco.

Ma la decadenza per un eccesso di ricavi non scattava al 30%? Proprio così. La norma che appare discutibile per i motivi appena visti, e che peraltro di fatto falsa il rapporto fra Stato e contribuente improntato sull’art. 53 della Costituzione (“Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva… vabbè, tranne “piccoli” scostamenti fino al 30% o al 60%, cosa vuoi che sia), è anche sbilanciata a favore dello Stato.

Immaginate l’attendibilità delle previsioni di gettito che ci aspettano nei prossimi anni sulla base di questa vera e propria roulette. Corte dei Conti, se ci sei batti un colpo.

Nessun adempimento in meno (anzi qualcosa in più)

Beh, il Concordato Preventivo Biennale sarà forse discutibile sotto svariati punti di vista, ok, ma quantomeno – finalmente! – avremo una bella semplificazione. Se ne parla da anni, promessa mai mantenuta, ma finalmente eccola qua.

E invece no. Attenderemo il prossimo giro per sperare che l’oasi della semplificazione non sia un semplice miraggio. E già, perché letteralmente nessun adempimento viene meno. È stato infatti chiarito che resta inalterato l’obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi (in cui in aggiunta si dovrà anche dar conto delle risultanze del Concordato), la dichiarazione IRAP e anche gli ISA, per coloro che già oggi ne sono obbligati.

Ripetiamolo dunque insieme una volta di più: il Concordato Preventivo Biennale non semplifica nulla. Va da sé, anzi, che i contribuenti (e i loro consulenti) dovranno farsi carico di questa procedura di interlocuzione che porta alla determinazione della proposta da parte dell’Agenzia delle Entrate e all’eventuale accettazione del contribuente.

Gli adempimenti fiscali, dunque, aumenteranno, come da normale prassi degli ultimi anni (dalla moltiplicazione degli adempimenti periodici IVA all’integrazione elettronica delle fatture estere a tanto altro), e le orecchie dei Commercialisti d’Italia già possono sentire le rimostranze dei clienti rispetto alla richiesta di maggiori compensi per maggior lavoro, corredato da “alla tv hanno detto che è tutto più semplice, per cui in realtà mi aspettavo di pagare di meno, mica di più“. Maledetta tv.

Nessun effetto in tema di IVA

Altro aspetto che merita di essere sottolineato riguarda l’IVA. Se infatti, come abbiamo visto, è consentito l’azzardo su redditi, IRAP e contributi, nulla cambia in tema di IVA. Anche qui restano assolutamente confermati tutti gli adempimenti già previsti, con la differenza (e verrebbe quasi da dire: menomale) che sugli importi da versare non sarà consentito scommettere, bensì essi continueranno ad essere determinati con le regole attualmente vigenti.

Il bluff del regime premiale che si contraddice da solo

Qui la cosa è interessante, e direi anche affascinante, perché giocoforza vi è un alone di mistero che potrà essere dissolto solo col tempo, alla prova dei fatti. Ciononostante, è facile dire che viene qualche dubbio sulla possibilità di riporre fiducia sulle promesse sbandierate nella norma.

Già, perché il punto principale dell’incentivo proposto (il c.d. regime premiale) è un alleggerimento delle procedure di accertamento. Si punterà prioritariamente e con armi più affilate su quelli che al Concordato non aderiscono. E come sarà possibile allora dimostrare il superamento del 30% di ricavi nascosti per determinare la decadenza dal Concordato?

Delle due, l’una: o il tenore degli accertamenti resterà stringente per individuare con una certa puntualità tutti i casi di evasione “larga” (perché fino al 30% tutto ok) oppure le sacche di evasione incentivata saranno potenzialmente enormi.

Tutto in 5 giorni: malafede o incompetenza?

Un ultimo aspetto riguarda gli Studi commerciali che assistono i potenziali beneficiari del Concordato. Dal funzionamento previsto emerge una prospettiva potenzialmente apocalittica per cui tutti potrebbero decidere di accettare la proposta del Concordato il 30 giugno, con la necessità di assistere tutti insieme sul gong, in extremis.

Il rischio concreto è quello di un ingorgo dal quale non esce vivo nessuno: né i consulenti né i clienti. Per lennesima volta, ci troviamo a chiederci se questo misterioso personaggio che prende il nome di Legislatore (che un’identità reale, di volta in volta, ce l’avrà pure) lo fa apposta oppure davvero non è in grado di capire quale enorme pastrocchio sta partorendo. Ognuno sia libero di decidere se è peggio la malafede o l’incompetenza.

Pare che il Viceministro Leo, su input del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili, abbia garantito che quest’aspetto sarà rivisto in sede di conversione in legge, prevedendo una scadenza differenziata in base al momento di trasmissione dei dati, e non un termine unico fissato per tutti allo stesso giorno.

Non ci resta che sperare dunque nella conversione in legge. O magari sul fatto che il decreto in legge non venga mai convertito…

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(Foto in copertina: ©Ansa/Riccardo Antimiani)

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