Costituire un’impresa familiare può essere in alcuni casi davvero conveniente. Dai possibili risparmi fiscali alle semplificazioni nei rapporti di lavoro: sono diversi i vantaggi di cui puoi godere. Ma quali sono gli aspetti a cui prestare maggiore attenzione? Per non sbagliare leggi questa semplice guida.
L’impresa familiare si caratterizza per essere una particolare forma di impresa individuale. Infatti, per quanto in essa prestino il proprio lavoro uno o più familiari, le responsabilità e le obbligazioni verso i terzi restano in capo all’imprenditore. Analizziamo quindi il quadro normativo di riferimento, gli aspetti legati alla costituzione e gli adempimenti richiesti da Inps e Inail.
Impresa familiare: aspetti civilistici
La disciplina civilistica dell’impresa familiare è contenuta nell’articolo 230 bis del codice civile. Esso sancisce tutta una serie di diritti patrimoniali e amministrativi di cui godono i lavoratori familiari. In particolare, il familiare che presta in modo continuativo la sua attività di lavoro nell’impresa familiare ha diritto:
- al mantenimento, che deve essere congruo alla condizione patrimoniale della famiglia;
- a partecipare agli utili dell’impresa familiare, ai beni acquistati con essi e agli incrementi di valore dell’azienda, in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato;
- a partecipare alle decisioni concernenti l’impiego degli utili e degli incrementi di valore, la gestione straordinaria, gli indirizzi produttivi e la cessazione dell’impresa;
- alla prelazione in caso divisione ereditaria o di trasferimento dell’azienda.
Sono considerati familiari, in ossequio alla normativa sull’impresa familiare:
- il coniuge;
- i parenti entro il terzo grado (genitori, figli, nonni, fratelli e sorelle, nipoti, bisnonni, zii, pronipoti);
- gli affini entro il secondo grado (suoceri, nonni del coniuge e cognati).
Costituzione dell’impresa familiare e vantaggi fiscali
La legge non prevede in via generale delle forme particolari per avviare un’impresa familiare. L’adempimento essenziale è l’invio della ComUnica. come per ogni ditta individuale. Fatto questo è quindi possibile ricorrere al lavoro dei familiari, nei limiti e con le accortezze di seguito esposti.
Tuttavia la normativa fiscale sull’impresa familiare, contenuta nell’articolo 5 del TUIR (DPR 22 dicembre 1986, n. 917), consente di imputare a ciascun familiare fino al 49% complessivo dei redditi prodotti solo a patto “che i familiari partecipanti all’impresa risultino nominativamente, con l’indicazione del rapporto di parentela o di affinità con l’imprenditore, da atto pubblico o da scrittura privata autenticata anteriore all’inizio del periodo d’imposta, recante la sottoscrizione dell’imprenditore e dei familiari partecipanti“. È quindi necessario rivolgersi ad un notaio per poter godere dei vantaggi fiscali legati all’imputazione diretta dei redditi ai familiari che prestano il proprio lavoro nell’impresa. In questo modo è infatti possibile assoggettare i redditi prodotti ad aliquote marginali più basse, distribuendoli tra i familiari.
I redditi dell’impresa familiare sono tassati per trasparenza, quindi direttamente in capo all’imprenditore e ai suoi familiari in proporzione al lavoro prestato. La quota spettante ad ognuno deve risultare dalla dichiarazione dei redditi dell’imprenditore. I familiari devono attestare nella propria dichiarazione dei redditi di aver prestato il proprio lavoro nell’impresa in modo continuativo e prevalente.
Adempimenti previdenziali e dell’assicurazione obbligatoria
Ricorrere alle prestazioni lavorative dei propri familiari permette di fruire di alcuni vantaggi e semplificazioni anche riguardo agli obblighi di natura previdenziale. È infatti possibile ricorrere a prestazioni di natura occasionale e a titolo gratuito nelle imprese dei settori dell’artigianato, del commercio e dell’agricoltura senza che da esse discenda l’obbligo di iscrizione all’INPS. Questo principio è affermato nella circolare n. 10478 del 10 giugno 2013 del Ministero del Lavoro, in cui sono richiamate tutte le specifiche norme di settore.
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In ogni caso è necessario rispettare alcune limitazioni. Se infatti è sempre considerato occasionale il lavoro prestato nell’impresa dal familiare pensionato o impiegato a tempo pieno presso un altro datore di lavoro, negli altri casi è richiesto il requisito della non abitualità e sistematicità della prestazione lavorativa. Questo requisito è quantitativamente rispettato quando le prestazioni lavorative non eccedono il limite di 90 giorni di lavoro nel corso dell’anno o, comunque, di 720 ore lavorative. Il mancato rispetto di questo parametro può essere dimostrato dagli ispettori del lavoro anche attraverso l’acquisizione di elementi di natura documentale o testimoniale. Il limite di 90 giorni all’anno va riparametrato in caso di lavori stagionali.
Più stringenti sono invece i limiti in materia di assicurazione obbligatoria. Infatti è sempre necessaria l’iscrizione all’Inail del familiare che presta il proprio lavoro nell’impresa, fatta eccezione per i casi in cui vi siano delle prestazioni meramente accidentali e non ricorrenti. Il requisito dell’accidentalità è quantificato nella circolare n. 14184 del 5 agosto 2013 del Ministero del Lavoro: è accidentale la prestazione resa una/due volte nell’arco dello stesso mese, a condizione che nell’anno le prestazioni complessivamente effettuate non siano superiori a 10 giornate lavorative.
Cosa succede quando si superano i limiti?
Superati i limiti descritti si dovrà adempiere agli obblighi previdenziali e assicurativi inquadrando il lavoratore come coadiuvante familiare.
Resta ferma la possibilità di impiegare i propri familiari nell’impresa seguendo le normali discipline del rapporto di lavoro dipendente o delle prestazioni di lavoro autonomo. In questo caso non è necessario il ricorso al modello dell’impresa familiare.
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