La Corte di Cassazione si esprime in merito al termine entro il quale richiedere il rimborso del credito d’imposta esposto in dichiarazione dei redditi. Scopri i dettagli.
Con l’ordinanza n. 2416 del 03.02.2021 la Corte di Cassazione afferma come limite massimo per chiedere il rimborso del credito esposto in dichiarazione dei redditi il termine di dieci anni decorrente dalla presentazione della stessa. Analizziamo quindi la questione nel dettaglio, richiamando le diverse pronunce della Suprema Corte in merito.
Leggi di più: Dichiarazioni Redditi 2021: pubblicati modelli e istruzioni
Rimborso credito da dichiarazione: decorrenza del termine di prescrizione
In ordine alla specifica questione del dies a quo della prescrizione decennale del credito d’imposta esposto nella dichiarazione dei redditi dal contribuente, la Cassazione ha già avuto modo di precisare che: «In tema di imposte sui redditi, qualora il contribuente abbia evidenziato nella dichiarazione un credito d’imposta, non trova applicazione, ai fini del rimborso del relativo importo, il termine di decadenza previsto dall’art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, non occorrendo la presentazione di un’apposita istanza, in quanto l’Amministrazione, resa edotta con la dichiarazione dei conteggi effettuati dal contribuente, è posta in condizione di conoscere la pretesa creditoria.
La relativa azione è pertanto sottoposta all’ordinario termine di prescrizione decennale, sulla cui decorrenza non incide né il limite temporale stabilito per il controllo c.d. formale o cartolare delle dichiarazioni e la liquidazione delle somme dovute, ai sensi dell’art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973, né il limite alla proponibilità della relativa eccezione, posto dall’art. 2, comma 58, della legge 24 dicembre 2003, n. 350: la prima disposizione è volta infatti ad imporre un obbligo all’Amministrazione finanziaria, senza stabilire un limite all’esercizio dei diritti del contribuente, mentre la seconda contiene un mero “invito” rivolto agli uffici, non suscettibile di applicazione diretta da parte del giudice».
Si veda a riguardo Cass., Sez. U., 07/02/2007, n. 2687; conforme Cass. 27/03/2013, n. 7706, ex plurimis. Sulla circostanza che la domanda di rimborso o di restituzione del credito d’imposta maturato dal contribuente debba ritenersi già presentata con la compilazione, nella dichiarazione annuale, del quadro relativo al credito, si vedano altresì, ex plurimis, Cass. 12/09/2012, n. 15229; Cass. 22/02/2017,n. 4559; Cass. 07/09/2018, n. 21788).
Ancora la Cassazione sulla decorrenza del termine di prescrizione
Successivamente, la Cassazione ha ribadito espressamente che è corretto identificare «con il giorno della dichiarazione dei redditi quello di decorso della prescrizione ai fini del diritto al rimborso del credito di imposta», argomentando che la giurisprudenza di legittimità «ha avuto modo di chiarire in più di una occasione (per tutte si veda Cass. Sez. 5, Sentenza n. 9524 del 22/04/2009) che «Il termine stabilito nel D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36-bis, entro il quale, l’Amministrazione Finanziaria deve provvedere alla liquidazione dell’imposta, ha natura ordinatoria secondo l’interpretazione, avente efficacia retroattiva, che ne ha dato la L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 28, comma 1.
Ne consegue che il credito esposto in dichiarazione non si consolida con lo spirare del predetto termine o perché l’Amministrazione abbia omesso di procedere ad accertamento e rettifica nel termine stabilito nel D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, così come il diritto al rimborso del contribuente non è sottoposto al termine di decadenza, contenuto nel D.P.R. 27 settembre n. 1973, n. 602, art. 38, ma esclusivamente all’ordinario termine di prescrizione decennale, ferma restando la facoltà dell’Ufficio di opporre eccezioni alla domanda di rimborso» (Cass. 23/07/2013, n.17903).
Irrilevante il termine di decadenza per l’accertamento ai fini della prescrizione
Nello stesso senso, con specifico riferimento all’irrilevanza, rispetto al preteso effetto di consolidamento del credito per rimborso d’imposta esposto nella dichiarazione, della scadenza del termine decadenziale entro il quale l’Amministrazione può procedere ad accertamento, la Cassazione ha ritenuto che: «In tema di rimborso d’imposte, l’Amministrazione finanziaria può contestare il credito esposto dal contribuente nella dichiarazione dei redditi anche qualora siano scaduti i termini per l’esercizio del suo potere di accertamento, senza che abbia adottato alcun provvedimento, atteso che tali termini decadenziali operano limitatamente al riscontro dei suoi crediti e non dei suoi debiti, in applicazione del principio “quae temporalia ad agendum, perpetua ad excepiendum» (Cass., Sez. U., 15/03/2016, n. 5069; conformi Cass. 31/01/2018, n. 239; Cass. 12/10/2018, n. 25464; Cass.06/02/2019, n. 3404).
Da tale principio è stata quindi tratta la conferma che il decorso dei termini in questione non incida sul decorso del termine di prescrizione del credito: «In tema di rimborso di imposta, lo svolgimento senza rilievi del controllo automatizzato ex art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del n.r.g. 13219/2014 1973 non equivale a riconoscimento implicito del credito esposto in dichiarazione, potendo questo essere contestato anche dopo la scadenza dei termini per l’accertamento, sicché detto controllo non incide sul decorso del termine di prescrizione del credito» (Cass.13/03/2019, n. 7132, nella cui motivazione si rimanda alle citate Cass., Sez. U., 07/02/2007, n. 2687 e Cass., Sez. U., 15/03/2016, n. 5069).
Il diritto al rimborso è esercitabile anche entro i termini fissati per l’accertamento
Nell’ ulteriore evoluzione di tale orientamento, al quale la Cassazione ha aderito, è stato poi molto recentemente sottolineato che «alcuna disposizione fa divieto al soggetto, che ritenga di vantare un’eccedenza a credito, di far valere il proprio diritto negli ordinari termini di prescrizione e formulare istanza di rimborso, senza dover attendere lo spirare del termine fissato all’Amministrazione per l’accertamento ai sensi del d.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 43 (In tal senso già Sez. U. n. 2687 del 7/02/2007).
Non sussiste, cioè, la necessità della preventiva scadenza dei termini entro cui l’Amministrazione deve esercitare i propri poteri di liquidazione, controllo formale o accertamento vero e proprio: termini di decadenza volti ad imporre un obbligo interno all’Amministrazione, ma non a porre un limite all’esercizio dei diritti del contribuente. Tale esercizio è, come detto, coltivabile nei termini di prescrizione ordinari, come disposto, dall’art. 2946 cod. civ., la cui decorrenza, ex art. 2935 cod. civ., prende avvio dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere, salvo diversa diposizione di legge.» (Cass. civ. sez. trib., 03/03/2020, n.5796).
Leggi di più: Deposito telematico delle memorie: ok della Cassazione
L’impropria sovrapposizione degli istituti della decadenza e della prescrizione
Si avrebbe diversamente una «impropria sovrapposizione di due istituti che si collocano su piani diversi separati: a) l’uno, relativo ai termini imposti all’Amministrazione per l’espletamento dell’attività di liquidazione, controllo formale e liquidazione, dettato dall’esigenza che la stessa vi provveda in tempi predefiniti, ponendo a tal fine un obbligo per la P.A. e non già un limite all’esercizio dei diritti del contribuente; b) l’altro, relativo al termine di prescrizione, rispondente all’esigenza che i rapporti giuridici si stabilizzino entro un termine definito, individuato nel decennio, onde evitare il protrarsi sine die di situazioni d’incertezza”, con la conseguenza che laddove i due istituti venissero tra loro confusi si determinerebbe “un ingiustificato ostacolo di quattro anni alla possibilità di far valere il diritto al rimborso, che deve, invece, ritenersi esercitabile decorsi 90 giorni dall’istanza, nel silenzio dell’Amministrazione».
Si è altresì rilevato che «in tema di rimborso d’imposte, l’Amministrazione finanziaria potrebbe comunque contestare il credito esposto dal contribuente nella dichiarazione dei redditi, anche qualora siano scaduti i termini per l’esercizio del suo potere di accertamento, senza che abbia adottato alcun provvedimento, atteso che tali termini decadenziali operano limitatamente al riscontro dei suoi crediti e non dei suoi debiti, in applicazione del principio quae temporalia ad agendum, perpetua ad excepiendum. Per cui, nell’ambito del giudizio volto ad ottenere il rimborso di imposte, è da escludere che, in assenza di contestazioni nei termini previsti dal d.P.R. n. 600 del 1973 artt. 36- bis e 43, i suddetti crediti debbano ritenersi definitivamente accertati.
In altri termini, lo svolgimento senza rilievi dell’attività di controllo e accertamento non equivale a riconoscimento implicito del credito esposto in dichiarazione, potendo questo essere contestato anche dopo la scadenza dei termini per tali attività, che è da ritenere non incidano sul decorso del termine di prescrizione del credito» (Cass. 03/03/2020, n.5796).
Rimborso credito da dichiarazione: le conclusioni della Cassazione
La decisione della CTR è quindi in contrasto laddove determina il dies a quo della decorrenza della prescrizione del credito per rimborso, esposto nella dichiarazione, in coincidenza con la scadenza del termine decadenziale entro il quale l’Ufficio avrebbe potuto procedere ad accertare e rettificare il reddito del contribuente per il medesimo anno d’imposta.
Nel caso di specie i crediti dei quali la contribuente chiedeva il rimborso erano maturati nell’anno d’imposta 1997 ed erano stati esposti nella dichiarazione dei redditi presentata nel 1998, mentre l’istanza di rimborso della contribuente, sulla quale si è generato il silenzio dell’Amministrazione che ha legittimato la proposizione del ricorso introduttivo dinnanzi la CTP, è stata depositata preso l’Amministrazione il 16 febbraio 2010.
Pertanto, tra l’esposizione dei crediti nella dichiarazione del 1998 e la domanda di rimborso del 2010 è decorso il termine di prescrizione decennale (anche ove si tenga conto del termine, successivo alla prima, necessario alla formazione del silenzio-rifiuto impugnabile in sede giurisdizionale, in pendenza del quale il termine di prescrizione deve intendersi sospeso: Cass. 22/01/2018, n. 1543).
Scarica l’ordinanza n. 2416 del 03.02.2021
Leggi di più: Costi per operazioni soggettivamente inesistenti: quando sono deducibili?