La Cassazione è intervenuta sul concetto di prima casa e sulla possibilità di ottenere le relative agevolazioni. È necessario che il cambio di destinazione dell’altro immobile si perfezioni prima del rogito.
Da anni il concetto di prima casa – e con esso le agevolazioni connesse – è fra i temi fiscali più ricorrenti ed ha interessato milioni di italiani. La Corte di Cassazione è intervenuta proprio su questo argomento con l’ordinanza n. 10864 del 23 aprile 2021. Vengono dunque ulteriormente ridefiniti i confini dell’agevolazione. Ma quindi in quali casi spetta l’agevolazione sull’acquisto della prima casa? Facciamo una panoramica e vediamo cosa cambia alla luce degli ultimi sviluppi.
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Agevolazioni prima casa: le regole generali
Le agevolazioni legate all’acquisto della prima casa dipendono dal rispetto di alcuni requisiti che potremmo suddividere tra oggettivi e soggettivi.
Requisiti oggettivi
Fra i requisiti oggettivi troviamo le condizioni richieste per quanto riguarda:
- categoria catastale;
- ubicazione dell’immobile.
Per quanto riguarda la categoria catastale, l’abitazione acquistata deve appartenere ad una delle seguenti categorie catastali:
- A/2 (abitazioni di tipo civile);
- A/3 (abitazioni di tipo economico);
- A/4 (abitazioni di tipo popolare);
- A/5 (abitazioni di tipo ultra popolare);
- A/6 (abitazioni di tipo rurale);
- A/7 (abitazioni in villini);
- A/11 (abitazioni e alloggi tipici dei luoghi).
Le agevolazioni spettano anche sull’acquisto delle pertinenze poste in modo durevole a servizio dell’abitazione acquistata come “prima casa”. Le pertinenze devono appartenere alle seguenti categorie catastali:
- C/2 (magazzini e locali di deposito);
- C/6 (per esempio, rimesse e autorimesse);
- C/7 (tettoie chiuse o aperte).
L’agevolazione spetta al massimo su una pertinenza per ogni categoria.
Per quanto riguarda, invece, l’ubicazione dell’immobile, la regola generale vuole che l’abitazione si trovi nel comune in cui l’acquirente ha la propria residenza. La residenza tuttavia può essere spostata nel comune in cui è situato l’immobile fino a 18 mesi dopo l’acquisto.
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Requisiti soggettivi
In via generale l’acquirente deve essere un privato cittadino (che non agisce quindi nell’ambito di una attività commerciale), che non sia titolare:
- esclusivo o in comunione col coniuge, di diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione, su altra casa nel territorio del comune dove si trova l’immobile oggetto dell’acquisto agevolato;
- neppure per quote o in comunione legale, su tutto il territorio nazionale, di diritti di proprietà, uso, usufrutto, abitazione o nuda proprietà, su altro immobile acquistato, anche dal coniuge, usufruendo delle medesime agevolazioni “prima casa”.
Casistiche particolari dipendono poi dall’eventuale possesso di un altro immobile, a seconda che sia stato acquistato in qualità di prima casa oppure no; importante anche rilevare se l’immobile in questione si trovi nello stesso comune o in altro comune. In particolare – elemento cui si collega la recente ordinanza della Cassazione – uno dei casi prevede che non si abbia diritto alle agevolazioni qualora, alla data del rogito, si sia già proprietari di un’abitazione nello stesso comune in cui si trova la nuova abitazione acquistata.
In tal caso, dunque, le strade percorribili per rendere agevolabile il nuovo acquisto potrebbero essere:
- vendere la vecchia casa;
- non vendere l’immobile, cambiandone la destinazione d’uso (non più uso abitativo).
Per approfondire il tema dei requisiti oggettivi e soggettivi, leggi l’articolo che trovi a questo link.
Agevolazioni prima casa: le imposte agevolate
Le imposte da versare quando si compra con i benefici “prima casa” sono:
- se il venditore è un privato o un’impresa che vende in esenzione Iva:
− imposta di registro proporzionale nella misura del 2% (e comunque non inferiore a 1000 euro);
− imposta ipotecaria fissa di 50 euro e imposta catastale fissa di 50 euro. - se si acquista da un’impresa, con vendita soggetta a Iva:
− Iva ridotta al 4%;
− imposte di registro, ipotecaria e catastale fisse e pari a 200 euro per ognuna.
Per avere pienamente contezza dell’intensità dei benefici, leggi l’articolo al link sottostante in cui sono indicate le imposte normalmente dovute sugli acquisti di immobili che non rispettano i requisiti “prima casa”.
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Cosa cambia con l’ordinanza 10864/2021 della Cassazione?
Il caso esaminato dalla Corte di Cassazione riguardava l’acquisto di un immobile nello stesso comune nel quale l’acquirente era già proprietario di un’altra abitazione. Nel caso di specie, l’interessato aveva provveduto a ripristinare il diritto ai benefici modificando la destinazione d’uso del primo immobile.
Tuttavia, il cambio di destinazione d’uso si è perfezionato solo a 5 anni dalla richiesta, cioè nel 2012, quando finalmente è arrivato dal comune l’esito positivo dell‘istanza presentata nel 2007. Al momento dell’acquisto del nuovo immobile, verificatosi in quell’intervallo quinquennale, il cambio di destinazione d’uso era da intendersi non ancora perfezionato.
Il testo dell’ordinanza, a tale proposito, precisa che “i benefici fiscali “prima casa” di cui all’art. 1, nota II bis, lett. b), della Tariffa allegata al Dpr 26 aprile 1986, n.131, spettano unicamente a chi possa dimostrare, in base a risultanze certificate, di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto o uso di altro immobile ubicato nel medesimo Comune, senza che, a tal fine, possano rilevare situazioni di fatto contrastanti con le risultanze del dato anagrafico”.
La Cassazione, inoltre, ha sottolineato nelle motivazioni come il contribuente non aveva documentato nei gradi di merito l’esistenza dell’istanza rimasta inevasa tanto a lungo. La decisione di respingere il ricorso è stata pertanto ritenuta corretta e dunque confermata dalla Corte di Cassazione.
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