Nuovi chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate sul contributo a fondo perduto. La Circolare n. 22 del 21/07/2020 ha fornito infatti spunti interessanti. Fra questi, indicazioni anche sulla spettanza del contributo per le imprese inattive.
Il contributo a fondo perduto rappresenta certamente una fra le misure più interessanti all’interno della enorme produzione normativa degli ultimi mesi. Nel Decreto Rilancio, è stato previsto un contributo di almeno 1000 euro per soggetti in forma individuale e di almeno 2000 euro per le società. Naturalmente, però, è importante rispettare i requisiti previsti. L’incertezza relativa ad alcuni di questi requisiti ha spinto l’Agenzia delle Entrate a produrre ben due circolari ricche di chiarimenti. Nella circolare n. 22 del 21/07/2020, in particolare, fra le altre cose si rileva uno spunto interessante circa la spettanza del contributo a fondo perduto per le imprese inattive.
I contenuti principali della prima circolare: Chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate sul Contributo a Fondo Perduto
Fondo perduto: a chi spetta? Tutti i requisiti
Dal testo emerge che il contributo spetta a due categorie di soggetti titolari di Partita IVA:
- imprese;
- lavoratori autonomi.
Le imprese sono ammesse sia in forma individuale sia in forma societaria. Tuttavia, sono previste importanti limitazioni ed esclusioni. In particolare sono tagliati fuori coloro che hanno diritto al Bonus 600 euro e che sono iscritti a:
- Gestione Separata INPS;
- Casse professionali private;
- Fondo Pensioni Lavoratori dello Spettacolo (FPLS).
L’esclusione riguarda principalmente le figure professionali. Mantengono il diritto al contributo, infatti, soprattutto le attività di impresa che pure hanno diritto al Bonus 600 euro. Si pensi ad esempio agli artigiani o ai commercianti. Altra importante novità riguarda l’esclusione dei lavoratori dipendenti che non siano al contempo titolari di un’attività di impresa.
Ulteriori esclusioni riguardano:
- le attività che risultino cessate alla data di presentazione della domanda;
- gli enti pubblici;
- gli intermediari finanziari e le società di partecipazione finanziaria.
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Chi appartiene invece alle categorie ammesse, deve poi soddisfare un ulteriore requisito. In particolare, nel mese di aprile 2020 deve risultare una perdita del fatturato o dei corrispettivi di almeno il 33% rispetto ad aprile 2019 (per la precisione, il testo definitivo parla di “ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2020 inferiore ai due terzi dell’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2019“). La misura è quindi destinata ai soggetti che hanno subito danni rilevanti nel periodo dell’emergenza Coronavirus.
Un’ulteriore limitazione è di natura dimensionale. È prevista infatti l’esclusione di tutti i soggetti con ricavi o compensi superiori a 5 milioni di euro nell’ultimo periodo d’imposta concluso, a prescindere dalla gestione previdenziale di appartenenza e dal calo del fatturato.
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A quanto ammonta il contributo?
Il contributo a fondo perduto previsto nel Decreto Rilancio sarà proporzionale alla riduzione del fatturato subita. In ogni caso, infatti, esso sarà pari ad una percentuale del minor fatturato registrato ad aprile 2020 rispetto ad aprile 2019 (riduzione di oltre un terzo, ripetiamo). Le percentuali da applicare alla differenza di fatturato – che nell’ultima versione del testo sono state ridotte rispetto alle prime bozze – sono le seguenti:
- 20% per i soggetti con ricavi o compensi fino a 400.000 euro nell’ultimo periodo d’imposta;
- 15% per i soggetti con ricavi o compensi superiori a 400.000 euro e fino a 1 milione di euro;
- 10% per chi ha registrato ricavi o compensi superiori a 1 milione di euro e fino a 5 milioni.
Il testo specifica poi che il contributo avrà in ogni caso un importo minimo garantito (anche quando il calcolo della percentuale dovesse dare un risultato inferiore), pari a:
- 1.000 euro per le persone fisiche (dunque anche le imprese in forma individuale);
- 2.000 euro per gli altri soggetti (es. società o altri enti).
Attenzione! Nel testo del decreto, il contributo viene esteso a tutti i soggetti, appartenenti alle categorie beneficiarie, “che hanno iniziato l’attività a partire dal 1° gennaio 2019”. Per queste attività, non sarà necessario dimostrare una riduzione del fatturato. Stesso discorso anche per i soggetti che, a far data dall’insorgenza dell’evento calamitoso, hanno il domicilio fiscale o la sede operativa nel territorio di comuni colpiti dai predetti eventi i cui stati di emergenza erano ancora in atto alla data di dichiarazione dello stato di emergenza Covid-19.
Il contributo percepito non concorre a formare la base imponibile. L’importo, dunque, non sarà tassato ai fini delle imposte sui redditi (IRPEF o IRES) né ai fini IRAP.
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Il contributo a fondo perduto spetta alle imprese inattive?
Più di un dubbio è sorto in merito al concetto di inizio attività. Si tratta evidentemente di un aspetto molto importante per molte realtà che hanno la necessità di comprendere se hanno diritto al contributo. Il dubbio sorge principalmente in merito al fatto che, per i soggetti iscritti al Registro Imprese, il concetto di inizio attività potrebbe avere un duplice significato:
- apertura della Partita IVA presso l’Agenzia delle Entrate;
- comunicazione di inizio attività presso la Camera di Commercio.
Il problema investe principalmente le imprese inattive. È possibile infatti che delle imprese si iscrivano al Registro Imprese con la pratica ComUnica, ottenendo in quella sede il numero di Partita IVA dall’Agenzia delle Entrate, ma non dichiarino al contempo l’inizio dell’attività. In questo caso, dunque, si mantiene lo status di impresa inattiva. Chi si trova in questa situazione ha bisogno che sia successiva al 31 dicembre 2018 la sola data di inizio attività o anche quella di costituzione (ossia di attribuzione della Partita IVA)?
In tal senso, l’Agenzia delle Entrate chiarisce che sono “inclusi tra i soggetti che hanno iniziato l’attività a partire dal 1° gennaio 2019 esclusivamente i soggetti per cui la data di apertura della partita IVA ai sensi dell’articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 coincide o è successiva a tale data (restano fermi gli ulteriori requisiti disposti dalla norma), a prescindere dalla data di inizio effettivo dell’attività”.
Dunque il contributo a fondo perduto spetta anche alle imprese inattive, a patto che l’apertura della Partita IVA abbia data non precedente al 1° gennaio 2019.
Contributo a fondo perduto per imprese con attività cessata
A ulteriore conferma della rilevanza della Partita IVA – e non dello status di impresa attiva – per determinare la spettanza del contributo, troviamo un altro importante passaggio nella parte conclusiva della circolare. In questo passaggio si fa riferimento ad imprese che hanno cessato l’attività (erano attive e attualmente non lo sono più) ma hanno ancora la Partita IVA. A tal proposito l’Agenzia delle Entrate chiarisce che:
“non essendo “cessata” la P.IVA e ferma restando la sussistenza degli ulteriori requisiti, i soggetti in parola possono fruire del contributo qui in esame. Diversamente, non è incluso nell’ambito di applicazione del contributo di cui all’articolo 25 del decreto rilancio l’imprenditore che concede in affitto la propria azienda, a prescindere dalla sospensione della P.IVA, […] non esercitando attività d’impresa”.
Per leggere o scaricare la circolare n. 22 del 21 luglio 2020, clicca qui.
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