Toni trionfalistici da più parti, interpretazioni contrastanti e salti sul carro dei vincitori. Ma quindi cosa stabilisce la sentenza della Cassazione? Bando alle parafrasi: attingiamo direttamente dal testo della sentenza. Come capire se chi si presenta come Commercialista o Esperto Contabile lo è davvero.
Un esercito – più o meno sommerso – di abusivi: è quello che si rileva da tempo nel settore della fiscalità. Il tutto in barba all’impianto ordinistico previsto dallo Stato a tutela della fede pubblica. Enti e gruppi vari che travalicano il raggio d’azione consentito, iniziative social, dipendenti pubblici che assistono l’amico di turno, addirittura tempo fa circolava la foto della vetrina di una macelleria che pubblicizzava – oltre a vari tagli di carne – anche il servizio di elaborazione di Modelli 730 (chissà quale fosse il prezzo al kg). Insomma, il tema dell’esercizio abusivo della Professione di Commercialista, soprattutto negli ultimi tempi, ne ha viste davvero di tutti i colori.
In questo contesto si inserisce la sentenza 46703/2023 (e non 4673, come riportato da molti) della Corte di Cassazione, Seconda Sezione Penale. E per forza di cose, viste le premesse, non poteva che portare con sé discussioni animate e reazioni contrastanti. Se la Cassazione ha provato a ricalcare i tratti (in realtà già dipinti dalle norme) che disegnano il carro, sono diversi i sedicenti vincitori che hanno preso a sgomitare per salirci.
Da un lato, certamente, ciò non basterà come deterrente per gli abusivi. Dall’altro, tuttavia, la pronuncia della Cassazione darà maggior forza ed efficacia alle azioni di denuncia sulle situazioni di esercizio abusivo della Professione di Commercialista o di Esperto Contabile. Un incentivo necessario in un contesto di generale scoramento circa la concreta possibilità di contrastare gli innumerevoli abusi della Professione.
Ma, quindi, cosa dice davvero la sentenza 46703/2023 della Corte di Cassazione? Lo vediamo insieme riprendendo fedelmente i virgolettati della stessa.
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Esercizio abusivo della Professione di Commercialista: la sentenza 46703/2023
Una premessa è doverosa per comprendere l’antefatto della sentenza in esame. Il D.Lgs. 139/2005 ha istituito – con decorrenza dal 1° gennaio 2008 – l’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, così come lo conosciamo oggi, ossia con un Albo composto da due sezioni: per l’appunto, Dottori – e ragionieri – Commercialisti (Sezione A) ed Esperti Contabili (Sezione B). In quella norma sono stati definiti chiaramente i tratti distintivi della Professione in termini di attività professionali attribuite, requisiti per l’iscrizione, obblighi di formazione continua, profili disciplinari e quant’altro.
Il caso deciso dalla sentenza 46703/23 della Corte di Cassazione atteneva a due aspetti (al netto di altri due su cui il ricorso si è ritenuto inammissibile):
- l’ingiusto profitto nel rapporto tra consulente e cliente (che non ci interessa in questa sede);
- l’esercizio abusivo della Professione di Esperto Contabile, dunque di iscritto all’ODCEC nella Sezione B, nel caso di specie da parte di soggetto radiato nel 2012 e dunque a tutti gli effetti non più iscritto all’Ordine Professionale, ossia fuori dai confini di legittimità tracciati dal D.Lgs. 139/2005.
Il richiamo al D.Lgs. 139/2005
È a questo punto che, per fugare il dubbio da interpretazioni di parte, è doveroso riportare letteralmente quanto contenuto nella sentenza della Suprema Corte. Altrettanto doveroso, a tal proposito, è il richiamo che gli Ermellini fanno al D.Lgs 139/2005, unico riferimento normativo che allo stato attuale disciplina la Professione. Ecco un ampio estratto testuale della sentenza 46703/2023:
il D.Lgs. 28 giugno 2005, n. 139 […] ha previsto un lungo elenco di altre attività di riconosciuta competenza tecnica dei soli iscritti alla Sezione A (Commercialisti) e un elenco di attività di riconosciuta competenza tecnica degli iscritti alla Sezione B (Esperti Contabili) dell’Albo, fra le quali sono state incluse le seguenti: “a) tenuta e redazione dei libri contabili, fiscali e del lavoro, controllo della documentazione contabile, revisione e certificazione contabile di associazioni, persone fisiche e giuridiche diverse dalle società di capitali; b) elaborazione e predisposizione delle dichiarazioni tributarie e cura degli ulteriori adempimenti tributari”.
Ancora la sentenza 46703/23:
La specifica inclusione delle attività di tenuta e redazione dei libri contabili, fiscali e del lavoro, e di elaborazione e predisposizioni delle dichiarazioni tributarie e cura degli ulteriori adempimenti tributari, nell’elenco di quelle riconosciute di competenza tecnica degli iscritti alla sezione B consente senz’altro di ritenere che lo svolgimento di esse, se effettuato da soggetto non abilitato con modalità tali da creare, in assenza di chiare indicazioni diverse dallo stesso provenienti*, le apparenze dell’attività professionale svolta da esperto contabile regolarmente abilitato, è punibile a norma dell’art. 348 c.p.**.
*è dunque fatto salvo il caso in cui il soggetto in questione chiarisca di non essere esperto contabile regolarmente abilitato, nonostante le apparenze
**reato di esercizio abusivo di una professione
Quando si configura il reato penale di esercizio abusivo della professione?
Al termine di questo fondamentale passaggio, che la Corte incentra tutto sul D.Lgs. 139/2005, la stessa sentenza individua quelli che definisce “indici sintomatici di una falsa apparenza che integra la condotta penalmente rilevante“ (ossia l’abuso della Professione):
- carattere oneroso della prestazione (la sentenza parla testualmente di “onerosità”);
- durata del rapporto con lo studio di contabilità (la sentenza parla testualmente di “continuatività”);
- apparenze dell’attività svolta da Esperto Contabile regolarmente abilitato (la sentenza parla testualmente di “organizzazione”).
Tradotto in altri termini, si macchia del reato di esercizio abusivo della professione, con specifico riferimento a quella riservata agli iscritti all’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, chi (3) si organizza per effettuare (2) con continuità prestazioni professionali (1) da cui ottiene degli introiti, senza specificare di non essere “regolarmente abilitato”.
In questo modo, il cliente attento – e che chiede espressamente al consulente di qualificare il proprio titolo professionale – avrà modo di non trovarsi più in una situazione simile, poiché delle due l’una, laddove il consulente non sia iscritto all’Ordine:
- o il consulente dichiara il vero, palesando al cliente di non essere un Commercialista né un Esperto Contabile;
- o il consulente dichiara il falso, incarnando (sulla base del dettato della 46703/2023) il reato di esercizio abusivo della Professione di Commercialista o di Esperto Contabile (ma, in tal caso, anche un secondo reato, come vedremo tra poco).
Come tutelarsi da chi esercita abusivamente la Professione di Commercialista?
C’è un modo per comprendere se chi si presenta come Dottore Commercialista o Esperto Contabile sia titolato a farlo? Come essere certi che chi abbiamo di fronte non stia dunque commettendo anche un secondo reato (Usurpazione di titoli o di onori, art. 498 Codice Penale)? C’è un solo modo – semplicissimo e garantito al 100% – per farlo: consultare l’apposita pagina presente sul sito del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili e inserire nome e cognome del/la Professionista in questione.
Se il/la Professionista risulta regolarmente fra gli iscritti all’Ordine, la ricerca restituisce immediatamente la sua scheda, comprensiva dell’indirizzo dello Studio professionale e quindi della relativa ubicazione territoriale. Diversamente, la ricerca restituisce il risultato “Nessun iscritto trovato”.
Perché attendere 3 gradi di giudizio e anni di lungaggini processuali, se bastano 2 minuti per ottenere con assoluta certezza – e gratuitamente – la risposta che stiamo cercando?
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