Una delle novità della Legge di Bilancio appena approvata è la nuova Flat tax incrementale. La misura favorisce coloro che incrementano il proprio reddito nel 2023. Ecco una guida completa alla nuova misura.
Dopo un lungo iter di approvazione, la tanto attesa Legge di Bilancio 2023 (Legge 29 dicembre 2022, n. 197) ha superato l’esame del Parlamento in tempo per scongiurare l’esercizio provvisorio. Il testo approvato porta con sé numerose novità. Il quadro completo è contenuto nell’articolo dedicato che puoi consultare al link al termine del paragrafo. Tra esse, una delle più rilevanti in materia fiscale è quella relativa all’introduzione della Flat tax incrementale.
La tassa piatta sui redditi non è una novità del nostro sistema fiscale. Basti pensare all’imposta sostitutiva prevista dal Regime Forfettario o, in precedenza, dal Regime dei Minimi. La particolarità della Flat tax incrementale risiede però nel fatto che comporta un sistema di imposizione ibrido, con parte del reddito assoggettato alle aliquote Irpef per scaglioni e parte del reddito assoggettato ad una aliquota fissa.
Scopriamo dunque nel dettaglio cosa prevede la normativa in relazione alla nuova Flat tax incrementale.
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Flat tax incrementale: l’ambito applicativo
La disciplina della nuova tassa piatta è contenuta nei commi dal 55 al 57 dell’articolo 1 della Legge di Bilancio 2023. Una prima importante nota riguarda l’arco temporale di applicazione. La norma specifica infatti che la tassazione agevolata sia in vigore per il solo anno 2023. Dunque, a meno di ulteriori interventi normativi, non è prevista la sua applicazione nei successivi anni d’imposta.
Di seguito viene indicato l’ambito soggettivo di applicazione. Sono esclusi, come è logico che sia, i soggetti che applicano il Regime Forfetario di cui all’articolo 1, commi da 54 a 89, della legge 23 dicembre 2014, n. 190. Essi, infatti, applicano l’aliquota piatta a prescindere dall’ammontare dagli eventuali incrementi di reddito conseguiti, nel rispetto dei limiti previsti dalla normativa vigente. La Flat tax incrementale interessa invece i contribuenti persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni, diversi da quelli che applicano il Regime Forfetario.
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Casi di applicazione e misura della tassa piatta
La misura introdotta dalla Legge di Bilancio è volta a favorire il conseguimento di incrementi reddituali da parte di imprese e professionisti. In quest’ottica la norma prevede che i soggetti in precedenza indicati possano applicare, in luogo delle aliquote per scaglioni di reddito previste dall’Irpef (art. 11 del TUIR – DPR 917/1986), un’imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e relative addizionali.
Tale imposta sostitutiva è calcolata con l’aliquota del 15%. L’aliquota fissa si applica ad una base imponibile, comunque non superiore a 40.000 euro, pari alla differenza tra il reddito d’impresa e di lavoro autonomo determinato nel 2023 e il reddito d’impresa e di lavoro autonomo d’importo più elevato dichiarato negli anni dal 2020 al 2022, decurtata di un importo pari al 5 per cento di quest’ultimo ammontare.
Alcune precisazioni: reddito per agevolazioni fiscali e acconti 2024
La Legge di Bilancio spiega in modo chiaro come l’applicazione della Flat tax incrementale incida sui requisiti reddituali per il riconoscimento della spettanza o per la determinazione di deduzioni, detrazioni o benefìci di qualsiasi titolo, anche di natura non tributaria. A tal fine si deve tener conto anche della quota di reddito assoggettata all’imposta sostitutiva.
Particolare attenzione merita anche la determinazione degli acconti dovuti per l’anno 2024. Ciò per due motivi evidenti. Innanzitutto, ad oggi la tassa piatta incrementale prevede un’applicazione limitata al 2023. In secondo luogo, gli incrementi reddituali conseguiti nel 2023 non potrebbero essere replicati in egual modo nell’anno seguente. Di qui la necessità, come previsto dalla norma, di determinare gli acconti dovuti ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e relative addizionali per il periodo d’imposta 2024 assumendo come imposta dell’anno precedente quella che si sarebbe determinata senza l’applicazione della Flat tax incrementale.
Flat tax incrementale: i dubbi sulla sua applicazione
Dal tenore della norma emerge come, fatta eccezione per alcuni casi estremi, i soggetti che applicheranno la nuova Flat tax incrementale si troveranno di fronte ad un’imposizione sui redditi ibrida. In parte si procederà al calcolo dell’Irpef con aliquote a scaglioni, in parte al calcolo di un’imposta sostitutiva con aliquota fissa.
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Se questo aspetto è evidente e chiaro, non si può dire lo stesso del modo in cui i due sistemi impositivi dovranno tra loro incastrarsi. Facciamo un esempio pratico per evidenziare il dubbio applicativo.
L’esempio numerico
Ipotizziamo il caso di un’impresa che consegue redditi pari a:
- €12.000 per l’anno 2020;
- €20.000 per l’anno 2021;
- €19.000 per l’anno 2022:
- €60.000 per l’anno 2023.
La base imponibile su cui applicare l’aliquota del 15% è pari a €60.000-€20.000-€1.000=€39.000. Essa si ottiene come differenza tra reddito 2023 e reddito 2021 (reddito più elevato dichiarato negli anni dal 2020 al 2022), decurtata del 5% del reddito 2021. L’imposta sostitutiva sarà di conseguenza pari a €5.850. Fin qui nessun dubbio.
Ma in che modo varia il calcolo dell’Irpef sulla restante parte del reddito? L’imposta prevede notoriamente l’applicazione di aliquote per scaglioni e dunque è importante capire in che modo varia la sua base imponibile.
Una prima ipotesi, forse più plausibile, è che la base imponibile assoggettata alla Flat tax incrementale debba semplicemente essere sottratta al reddito 2023 riducendo la base imponibile Irpef: in questo caso si applicherà il 23% fino a €15.000 e il 25% da €15.000 a €21.000.
Una seconda ipotesi, meno probabile, trova fondamento nella logica incrementale e nei limiti alla base imponibile previsti dalla norma. Secondo questa logica gli €39.000 assoggettati alla tassa piatta sono quelli immediatamente eccedenti gli €20.000, reddito più alto conseguito nei tre anni precedenti. In questo caso si applicherà il 23% fino a €15.000, il 25% da €15.000 a €20.000 e il 43% per i restanti €1.000 (idealmente quelli che vanno dagli €59.000 agli €60.000, ricadenti dunque nell’ultimo scaglione Irpef).
La norma non è chiara a riguardo. Attendiamo un documento di prassi che possa fugare ogni dubbio applicativo.
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