Ti sei mai chiesto cos’è il lavoro parasubordinato e cosa si intende quando si usa questa espressione? Ecco come chiarirti le idee, fra cenni storici, profili giuridici e curiosità.
Prima di trovare la sua definizione vera e propria nel D.Lgs. 81/2015, il rapporto di lavoro parasubordinato trova il suo primo riferimento nell’art.409 c.p.c., nel momento in cui viene stabilito che l’applicazione del rito speciale viene estesa alle controversie relative ai rapporti di agenzia, rappresentanza commerciale e ad altri rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione d’opera continuativa, coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato.
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Alcuni spunti dal Codice Civile
Per lungo tempo questa definizione rimane l’unica, poiché il legislatore civilistico si limita ad operare la sola distinzione netta fra contratto di lavoro subordinato (art. 2094 c.c.) e contatto di lavoro autonomo (art. 2222):
- il primo considera prestatore di lavoro subordinato colui che si obbliga, mediante retribuzione, a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore. La definizione non lascia spazio all’immaginazione, dal momento che nella fattispecie il lavoratore subordinato collabora con l’imprenditore assoggettandosi gerarchicamente alla sua organizzazione e al potere disciplinare che ne deriva;
- nel rapporto di lavoro autonomo invece viene definito il contratto d’opera quando una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente. Il lavoratore in questo caso è autonomo di nome e di fatto, poiché si autodetermina nelle modalità di svolgimento dell’opera o servizio, non è inserito in alcun organigramma né è tenuto a coordinarsi con l’organizzazione dell’imprenditore.
E’ evidente come la lettura del sopracitato art. 409 risulti facilitata dalle precedenti definizioni: la nozione di lavoro “parasubordinato”, così come definita dalla giurisprudenza, ha per oggetto una prestazione continuativa, a carattere prevalentemente personale, caratterizzata dal coordinamento con l’organizzazione aziendale data dall’imprenditore. Come preciserà l’art.15 della L.81/2017, il coordinamento avviene quando:
“nel rispetto delle modalità di coordinamento stabilite di comune accordo fra le parti, il collaboratore organizza autonomamente l’attività lavorativa“.
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Il lavoro subordinato secondo il Jobs Act e l’Ispettorato Nazionale del Lavoro
Al contrario, il Jobs Act, all’art.2 D.Lgs. 81/2015 (così come modificato dal D.L. 101/2019), oltre al superamento definitivo del contratto di collaborazione a progetto (art.52) ha definito i casi in cui opera la presunzione di subordinazione per i rapporti di collaborazione: si parla in questo caso di collaborazioni che si concretano in prestazioni prevalentemente personali, continuative, e in cui le modalità di esecuzione sono organizzate dal committente.
La Circ. 7/2020 dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro fornisce la migliore sintesi di quali debbano essere i criteri per definire il coordinamento nell’ambito di un rapporto di lavoro parasubordinato rispetto all’etero-organizzazione che caratterizza quello subordinato: la prima è “caratterizzata da un semplice raccordo tra il collaboratore e la struttura organizzativa del committente. In questa ipotesi non si rinviene infatti una ingerenza del committente nell’individuazione delle modalità esecutive della prestazione quanto un mero coordinamento tra le parti finalizzato a garantire che l’attività del collaboratore, pur restando estranea all’organizzazione nella quale si inserisce, contribuisca efficacemente alle finalità della stessa.
Sussiste invece etero-organizzazione quando l’attività del collaboratore è pienamente integrata nell’attività produttiva e/o commerciale del committente e ciò risulti indispensabile per rendere la prestazione lavorativa. L’eventuale regime di pluricommittenza in cui opera il collaboratore non è di per sé idoneo ad escludere l’etero-organizzazione, atteso che ciò che rileva è la circostanza che la prestazione necessiti della struttura organizzativa del committente. Ciò anche laddove tale struttura sia rappresentata da una piattaforma informatica che non si limiti a mettere in contatto il collaboratore con l’utente finale ma che realizzi una vera e propria mediazione, organizzando il lavoro anche attraverso il ricorso a funzionalità completamente automatizzate”.
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Limiti del lavoro parasubordinato e casi di esclusione
Di fatto la sopracitata circolare conferma quanto indicato dalla giurisprudenza recente: nei casi di etero-organizzazione si verifica infatti una sorta di imposizione delle modalità esecutive ad opera del committente, con un conseguente inserimento “naturale” del collaboratore nell’ambito dell’organizzazione aziendale. Il caso è ben differente rispetto alla fattispecie prevista dall’art. 409 c.p.c., dove il coordinamento fra le parti avviene solo al fine di garantire che il contributo del collaboratore sia efficace e porti un beneficio all’organizzazione del committente.
Tornando al Jobs Act , esso stabilisce come l’unica forma di lavoro parasubordinato ammessa dal legislatore sia la collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co.): l’art.2 D.Lgs. 81/2015 elenca le co.co.co. a cui non deve essere applicata la disciplina del rapporto di lavoro subordinato:
La disposizione precedente non trova pertanto applicazione nei seguenti casi:
- Collaborazioni previste dai contratti collettivi;
- Collaborazioni prestate nell’esercizio di professioni intellettuali per cui è necessaria l’iscrizione agli appositi albi professionali;
- Attività prestate nell’esercizio della loro funzione da parte di componenti di organi di amministrazione e controllo delle società e dai partecipanti a collegi e commissioni;
- Collaborazioni rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI;
- Collaborazioni oggetto di certificazione da parte delle commissioni di certificazione previste dal D.Lgs 276/2003.
- Collaborazioni prestate nell’ambito della produzione e della realizzazione di spettacoli da parte delle fondazioni;
- Collaborazioni degli operatori del Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico (CNSAS) del Club alpino italiano.
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