Fanno discutere le regole tecniche sulla gestione del “distacco” per i lavoratori che godono del Regime agevolato riservato agli Impatriati. Le ultime novità alla luce della Risposta n. 85 del 17 febbraio 2022 dell’Agenzia delle Entrate.
Lo speciale Regime Impatriati è ormai ben noto per l’enorme beneficio fiscale che riserva a chi ne ha i requisiti. Parliamo di un abbattimento dell’imponibile IRPEF fra il 50% e il 90% per un periodo fra i 5 e i 10 anni, a seconda dei casi, sui redditi da lavoro dipendente e da lavoro autonomo prodotti da:
- cittadini italiani, oppure
- cittadini stranieri
che siano stati residenti all’estero ai fini fiscali nei due periodi d’imposta precedenti quello del rientro (o del primo arrivo) in Italia.
Il Regime Impatriati non poche volte ha suscitato dubbi sul possesso dei requisiti da parte dei cittadini italiani o stranieri che si apprestano ad avviare una nuova attività lavorativa in Italia. Ciò anche in virtù di un paio di modifiche normative intervenute sul testo originale (d.lgs. n. 147 del 14/09/2015) nonché di alcuni chiarimenti di dettaglio forniti dall’Agenzia delle Entrate in diversi documenti di prassi emessi negli ultimi anni. Uno degli aspetti che desta maggiori preoccupazioni è rappresentato dal concetto di distacco.
Prima di fare il punto sul tema del distacco, che merita un approfondimento ad hoc, ti invito a cliccare su questo link per consultare la Guida aggiornata per il 2022 sul Regime Impatriati, anche noto come Rientro dei Cervelli. Troverai tutte le informazioni più utili su:
- requisiti;
- durata dell’agevolazione;
- percentuale di abbattimento della base imponibili;
- estensione quinquennale;
- adempimenti necessari per godere dell’agevolazione.
Rientro dei Cervelli 2022: la Guida completa
Regime Impatriati 2022: i requisiti previsti
Dal momento che il tema del distacco risulta essere uno degli elementi a cui prestare attenzione quando si valuta il possesso dei requisiti previsti dal Regime Impatriati, è importante fare una panoramica proprio sui requisiti.
Chi può davvero godere dell’agevolazione riservata ai c.d. lavoratori impatriati? Per poter godere di questa forma di detassazione bisogna rispettare due condizioni di base. In particolare:
- il lavoratore non è stato residente in Italia nei due periodi d’imposta precedenti il trasferimento e si impegna a risiedervi per almeno due anni;
- l’attività lavorativa è svolta prevalentemente nel territorio italiano.
È importante poi che il beneficiario svolga attività lavorativa in Italia per almeno due anni dopo il suo rientro, pena la restituzione del beneficio fruito, maggiorato di interessi e sanzioni.
Una precisazione importante riguarda il primo punto, relativo al concetto di residenza. Dal momento che la residenza è riferita alla nozione di periodo d’imposta (che per le persone fisiche coincide con l’anno solare: 1° gennaio – 31 dicembre), dobbiamo assumere che valga il concetto di residenza fiscale. Stante l’attuale formulazione dell’art. 2, c. 2 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, c.d. Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR):
“si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo di imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza “
art. 2, c. 2 – TUIR
Questa precisazione ci fa capire che non è necessario risiedere all’estero per un periodo pari ad almeno 730 giorni (365 x 2), ma è sufficiente risiedere all’estero per la maggior parte (almeno 183 giorni) di due anni solari consecutivi.
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Agevolazione Impatriati: regole e parametri in caso di distacco
Prima di capire quando si manifesta un caso di distacco, ritengo importante una premessa. Partiamo infatti dal presupposto che, per come è stata formulata la norma, il “requisito” del non-distacco non è contenuto nel d.lgs. 147/2015, che è proprio la fonte che disciplina questo regime fiscale speciale. Si parla di distacco, bensì, soltanto in documenti di prassi emanati a più riprese dall’Agenzia delle Entrate.
Tale considerazione, che può apparire banale, in realtà non è di poco conto. In sede di un eventuale contenzioso – che è sempre bene prevenire il più possibile – il giudice tributario deve rifarsi a quanto previsto dalle norme applicabili al caso di specie. I documenti di prassi – che non sono legge (!) – possono aver rilievo (pur sempre secondario) solo qualora le norme di riferimento prestino il fianco ad interpretazioni diverse. Ciò in quanto:
- le risposte ad interpello si limitano a fornire una soluzione interpretativa – pur sempre di parte – ad un caso specifico;
- le circolari servono a guidare l’operato del personale dell’Agenzia delle Entrate, non necessariamente quello del contribuente (che mantiene come proprio riferimento i testi di legge).
È dunque con questo spirito che bisogna valutare il tema del distacco, almeno finché non sarà portato dal legislatore ad integrazione della norma che disciplina il Regime Impatriati. Vediamo adesso cosa richiede l’Agenzia delle Entrate (ma non la legge) in tal senso.
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Il concetto e i parametri sul distacco secondo l’Agenzia delle Entrate
In soldoni, la posizione assunta dall’Agenzia delle Entrate prevede di disconoscere l’agevolazione ai lavoratori che soddisfano i requisiti di cui sopra solo per un caso di mero distacco. In altre parole, non avrebbero diritto al beneficio i lavoratori che, sia prima di lasciare l’Italia sia dopo il rientro in Italia hanno svolto e svolgeranno:
- le medesime mansioni (medesimo contratto);
- per il medesimo datore di lavoro.
Ulteriore paletto, ribadiamo, non richiesto dal legislatore tributario. Qualora il soggetto interessato al Regime Impatriati voglia prevenire una contestazione dell’Agenzia delle Entrate relativa al tema del distacco, può considerare i seguenti parametri, contenuti nella Risposta ad Interpello n. 85 del 17 febbraio 2022, per stabilire quando l’attività lavorativa post-rientro non possa realmente considerarsi “nuova” rispetto a quella pre-partenza:
- il riconoscimento di ferie maturate prima del nuovo accordo contrattuale;
- il riconoscimento dell’anzianità dalla data di prima assunzione;
- l’assenza del periodo di prova;
- clausole volte a non liquidare i ratei di tredicesima e quattordicesima maturati nonché il TFR al momento della sottoscrizione del nuovo accordo;
- clausole in cui si prevede che alla fine del distacco, il distaccato sarà reinserito nell’ambito dell’organizzazione della Società distaccante e torneranno ad applicarsi i termini e le condizioni di lavoro presso la Società di appartenenza in vigore prima del distacco.
“Diversamente” – specifica ancora AdE – “laddove le condizioni oggettive del nuovo contratto (prestazione di lavoro, termine, retribuzione) richiedano un nuovo rapporto obbligatorio in sostituzione di quello precedente, con nuove ed autonome situazioni giuridiche cui segua un mutamento sostanziale dell’oggetto della prestazione e del titolo del rapporto, l’impatriato potrà accedere al beneficio fiscale in esame.”
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