Il Reverse Charge è un particolare meccanismo di applicazione dell’IVA. Esso riguarda operazioni internazionali (Intra-UE ed Extra-UE) ma non solo. Ecco tutte le regole sul funzionamento del Reverse Charge aggiornate alle novità 2020.
L’IVA (Imposta sul Valore Aggiunto) fonda la sua disciplina sulla base di presupposti soggettivi, oggettivi e territoriali. In particolare, il soggetto debitore dell’imposta è individuato dall’art. 17 del DPR 633/1972 (anche detto Testo Unico IVA). L’articolo 17, nello specifico, prevede che “l’imposta è dovuta dai soggetti che effettuano le cessioni di beni e le prestazioni di servizi imponibili, i quali devono versarla all’erario“. Esiste tuttavia un meccanismo che deroga a questo principio generale. Stiamo parlando del Reverse Charge IVA, anche reso in italiano come inversione contabile.
Quando ricorrono le condizioni per l’applicazione obbligatoria del Reverse Charge, sarà il soggetto che ha acquistato il bene o il servizio a versare direttamente l’IVA all’Erario. Non si ricorre, dunque, al consueto meccanismo per cui è il cedente/prestatore ad incassare l’IVA dal cliente e a versarla successivamente allo Stato.
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Reverse Charge: quando si applica?
Il Reverse Charge è previsto dall’art. 17, c. 2 del DPR 633/1972. Le operazioni IVA che prevedono l’inversione contabile comprendono tutti gli affari internazionali, ossia quelle operazioni rientranti nel campo di applicazione dell’IVA che vengono concluse con una controparte che non ha in Italia nemmeno una fra:
- residenza;
- stabile organizzazione;
- identificazione diretta;
- rappresentante fiscale.
Ad ogni modo, non solo le operazioni internazionali (Intra-UE e Extra-UE) sono soggette al Reverse Charge IVA. Tale meccanismo, infatti, interessa anche alcune tipologie di operazioni interne. Vediamo dunque di seguito, in dettaglio, un elenco delle operazioni internazionali e interne che richiedono l’applicazione del Reverse Charge.
Operazioni in Reverse Charge internazionale
Sono soggette ad inversione contabile le operazioni che hanno per oggetto l’acquisto di:
- beni da o verso soggetti passivi IVA Intra-UE;
- servizi da o verso soggetti passivi IVA Intra-UE;
- servizi da fornitori Extra-UE.
A tale proposito, devi ricordare che i soggetti Extra-UE non sono soggetti passivi IVA in quanto l’Imposta sul Valore Aggiunto è un’imposta istituita e applicata esclusivamente nell’Unione Europea.
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Operazioni in Reverse Charge interno
Sono altresì soggette a Reverse Charge talune operazioni economiche concluse fra soggetti entrambi figuranti come soggetti interni ai fini IVA (ossia residenti oppure stabiliti oppure identificati oppure rappresentati in Italia). In particolare parliamo degli acquisti di:
- oro da investimento, nonché di materiale d’oro e di prodotti semilavorati di purezza pari o superiore a 325 millesimi (art. 17, c. 5 del DPR 633/72);
- servizi nel settore edile (manodopera compresa) da soggetti subappaltatori, nel caso in cui il committente sia un’impresa che svolga attività di costruzione o ristrutturazione di immobili (art. 17, c. 6, lett. a) del DPR 633/72);
- di fabbricati o di porzioni di fabbricato di cui ai n. 8-bis e 8-ter del dell’art. 10, c.1, DPR 633/72, nel caso in cui il cedente abbia espressamente manifestato l’opzione per l’assoggettamento ad IVA (art. 17, c. 6, lett. a-bis) del DPR 633/72);
- servizi di pulizia, demolizione, installazione di impianti e completamento relative ad edifici (art. 17, c. 6, lett. a-ter) del DPR 633/72);
- di apparecchiature terminali per il servizio pubblico radiomobile terrestre di comunicazioni soggette alla tassa sulle concessioni governative, nel caso in cui ci si trovi in una fase della catena distributiva anteriore alla vendita al dettaglio (art. 17, c. 6, lettera b) del DPR 633/72);
- dispositivi a circuito integrato quali microprocessori e unità centrali di elaborazione (art. 17, c. 6, lett. c) del DPR 633/72);
- console da gioco, tablet, pc, laptop, in ciascuna delle fasi precedenti alla vendita al dettaglio (art. 17, c. 6, lett. c) del DPR 633/72);
- quote di emissioni di gas a effetto serra (art. 17, c. 6, lett. d-bis) del DPR 633/72);
- di gas e di energia elettrica (art. 17, co. 6 lett. d-quater) del DPR 633/72);
- rottami, cascami e avanzi di carta da macero (art. 74, cc. 7 e 8 del DPR 633/72).
Cosa bisogna fare in regime di inversione contabile?
A livello di adempimenti, quando ci si trova in uno dei casi suddetti di applicazione del Reverse Charge IVA, bisogna fare attenzione a due aspetti:
- l’emissione della fattura (da parte del cedente/prestatore);
- l’inserimento dell’operazione nei Registri IVA (da parte del cessionario/committente).
Come si emette la fattura in Reverse Charge?
Il soggetto passivo IVA stabilito nell’UE che effettua una cessione di beni o una prestazione di servizi fra quelle soggette a Reverse Charge è tenuto a compilare la fattura nel modo corretto, ai fini della regolarità – anche formale – dell’operazione.
In particolare, il cedente o prestatore deve emettere una fattura senza IVA, ma riportando una dicitura che giustifichi l’applicazione del Reverse Charge e dunque il mancato inserimento dell’imposta in fattura. Se, ad esempio, l’operazione riguarda la vendita all’ingrosso di computer, il dettagliante deve ricevere una fattura senza IVA, ma con la seguente dicitura: “Operazione in Reverse Charge ai sensi dell’art. 17, c. 6, lett. c) del DPR 633/1972“.
Per operazioni concluse con soggetti Intra-UE, il riferimento normativo è diverso, pertanto una dicitura corretta in questo caso sarebbe “Operazione in Reverse Charge ai sensi dell’art. 17, c. 2 del DPR 633/1972“. Naturalmente, creando la fattura con un software di fatturazione elettronica, si può fare ricorso a diciture preimpostate: l’importante è scegliere quella con il riferimento normativo corretto!
Nel caso di acquisti di beni o servizi da fornitori Extra-UE, che dunque non sono soggetti IVA, non si riceverà alcuna fattura così come la intendiamo ai sensi del DPR 633/1972. Si potrebbe ricevere un documento analogo o paragonabile in base a quanto previsto dalla normativa fiscale del Paese del fornitore.
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Come si registrano le fatture per operazioni in Reverse Charge?
Chi fa un acquisto da un fornitore Extra-UE, non ricevendo alcuna fattura, deve emettere un documento che assolva alla medesima funzione. Sorge così l’obbligo di emettere autofattura. Si tratta di un documento che ha gli stessi elementi essenziali di una normale fattura, cioè:
- dati del fornitore;
- dati del cliente;
- dicitura di autofattura e non di fattura per qualificare il documento;
- data dell’operazione;
- numero progressivo dell’autofattura;
- valore dell’imponibile, con conversione in Euro al tasso di cambio ufficiale alla data dell’operazione (che si può reperire sul sito di Banca d’Italia);
- aliquota IVA italiana applicabile al tipo di bene o servizio in oggetto;
- importo della relativa imposta.
L’autofattura va registrata:
- sia nel registro delle fatture emesse (art. 23 del DPR 633/72);
- sia nel registro delle fatture ricevute (art. 25 del DPR 633/72).
In questo modo, nella sostanza, si neutralizza l’incidenza dell’imposta, che si pareggia fra IVA a credito e IVA a debito. Di fatto l’IVA su questa operazione non sarà portata in detrazione, ossia a riduzione del debito IVA. Tale passaggio è giustificato dal fatto che non è stata pagata l’IVA al fornitore.
Se l’operazione invece è conclusa con un fornitore nazionale o Intra-UE, dunque con un soggetto IVA tenuto ad emettere fattura, il cessionario/committente riceve la fattura senza IVA. In questo caso egli sarà tenuto ad effettuare l’integrazione della fattura. In questo caso il cessionario/committente dovrà annotare sulla fattura ricevuta:
- valore in Euro dell’imponibile, se espresso in altra valuta;
- aliquota IVA italiana relativa a quel tipo di operazione;
- importo della relativa imposta.
Anche in questo caso la fattura va inserita sia nel registro delle fatture emesse sia nel registro delle fatture ricevute.
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